Dai sanniti ai romani: alla scoperta dell’area archeologica e del museo di Altilia-Sepino
Il Molise è uno scrigno di bellezze naturalistiche, culturali e storico-archeologiche. Tra queste, l'area archeologica e il museo della città e del territorio di Altilia-Sepino (in provincia di Campobasso) rappresentano una delle tappe obbligate per chi vuole scoprire un pezzo fondamentale della storia antica della regione e del sud. Sepino è situata in una pianura ai piedi del massiccio del Matese, nella valle del fiume Tammaro, in uno dei luoghi di sosta (fin dall'antichità) delle greggi lungo il tratturo Pescasseroli-Candela. Il nome probabilmente deriva dal verbo saepire (recintare), proprio a indicare l'antico recinto utilizzato nel corso della transumanza. Le origini di Sepino risalgono all'epoca sannitica, periodo in cui il villaggio sorgeva in posizione sopraelevata nella località chiamata Torrevecchia. Nel corso della terza guerra sannitica, precisamente nel 293 a.C., i romani riuscirono a espugnare la cittadella fortificata collocata sulle alture; in seguito, i suoi abitanti scesero a valle dove era iniziata la fondazione del nuovo centro dei vincitori a partire dal II secolo a.C.
Dopo la guerra sociale, a Sepino viene riconosciuta la dignità municipale, ma è solo in epoca augustea che la città conosce la massima fioritura e la trasformazione del tessuto urbano. A tale epoca risale la costruzione della cinta muraria (II-IV sec. d.C.) posta a difesa di un'area quadrangolare di circa dodici ettari, interrotta da quattro porte monumentali e munita di una serie di torri a pianta circolare o ottagonale. L'area archeologica conserva il teatro e il complesso formato da campus, piscina, porticus (probabilmente utilizzato per le esercitazioni ginniche o per i giochi gladiatori), che risalgono alla prima metà del I secolo d.C. Di particolare interesse sono il complesso termale (II sec. d.C.), il macellum destinato alla vendita di generi alimentari e di uso quotidiano, il foro, la fontana del Grifo, il Capitolium (I sec. d.C.) ovvero il tempio dedicato al culto di Giove Ottimo Massimo e il quartiere delle abitazioni di epoca augustea.
Sui resti dell'antica città si sono stratificati diversi insediamenti a partire dal Medioevo. In particolare nella zona del teatro nel XVIII secolo sorse un complesso di edifici rurali sfruttando le fondazioni semicircolari della cavea; costruzioni che oggi accolgono le quattro sale del Museo della città e del territorio di Sepino. I locali che ospitano l'esposizione hanno conservato gran parte della struttura originaria; sono infatti visibili elementi caratteristici della vita degli abitanti del borgo rurale quali il lavandino, il camino, il forno e una serie di nicchie ricavate nei muri utilizzate come ripostigli.
La sala I è dedicata alla Preistoria e conserva materiali litici risalenti al Paleolitico originari della valle del Tammaro, San Giuliano del Sannio, Cercemaggiore e Santa Croce del Sannio. La sala II è caratterizzata da materiali di età ellenistica provenienti dal primo nucleo insediativo di Sepino databili tra la fine del IV e gli ultimi decenni del I sec. a.C. Nella sala III sono esposti reperti del periodo romano rinvenuti nell'area urbana e nella necropoli che testimoniano la vita quotidiana e le attività produttive della Sepino di età imperiale. Nella IV sala, infine, trovano posto sia reperti tardo-antichi sia medievali: vi sono esposti suppellettili da mensa e da illuminazione a partire dalla prima età imperiale (I-II sec. d.C.), materiali provenienti da tombe longobarde (VII sec. d.C.) e una selezione di ceramiche dei secoli XIII e XIV pertinenti all'abitato sorto sulle rovine della necropoli romana.
L'area archeologica è sempre aperta; il museo di Sepino tutti i giorni (lunedì escluso) dalle 8,15 alle 19,15: rappresentano una realtà affascinante e meritano di essere conosciuti e visitati da tutti gli amanti della storia, della cultura e del territorio.
Massimiliano Palmesano