Dal 12 al 17 dicembre al Teatro Gobetti di Torino “La leggenda del santo bevitore” di Joseph Roth
Martedì
12 dicembre 2023, alle ore 19.30, debutta – riferisce un comunicato stampa – "al
Teatro Gobetti di Torino "La leggenda del santo bevitore",
di Joseph Roth, per l'adattamento e la regia di Andrée
Ruth Shammah. Sarà in scena Carlo Cecchi, con Roberta
Rovelli e Giovanni Lucini. Lo spazio scenico è disegnato
da Gianmaurizio Fercioni, le suggestioni visive sono di Luca
Scarzella e Vinicio Bordin, le luci di Marcello
Jazzetti, i costumi di Barbara Petrecca.
Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Franco Parenti, sarà replicato per la
Stagione in abbonamento dello Stabile di Torino fino a domenica 17 dicembre. Il
poetico testo di Joseph Roth sulla vita del senzatetto Andreas Kartak nel 1939
fece breccia nel cuore dei lettori di tutta Europa: al centro del romanzo,
l'onore inscalfibile di un clochard parigino e tutta la commovente dispersione
della sua vita piena di errori, amici, donne e Pernod. È Carlo Cecchi, con
l'inconfondibile voce roca, il tono ironico e distaccato, a svelare la parabola
del protagonista: un'inquietante discesa nel delirio, ma soprattutto
nell'impotenza, avvolta da quella oscurità ubriaca e piena di lampi che
scandisce gli ultimi istanti di una vita".
Il comunicato riporta anche la seguente scheda dello spettacolo: "Da un
capolavoro della letteratura del '900, La leggenda del santo bevitore di
Joseph Roth, lo spettacolo che Andrée Ruth Shammah ha pensato e realizzato per
Piero Mazzarella nella stagione 2006/07. Questa volta, a ricoprire il ruolo del
protagonista Andreas Kartak, un grande maestro della scena italiana: Carlo
Cecchi.
Si tratta della storia di un uomo, di un'esistenza perduta dietro alle
occasioni della vita, ma protesa fino alla morte verso l'adempimento di un
dovere morale.
Portentosi colpi di fortuna, imprevedibili incontri, inaspettati guadagni,
stupefacenti rinvenimenti che si dissolvono nell'alcool, sono raccontati con
profonda e fragile umanità, da Cecchi, allo stesso tempo protagonista e
narratore. La società e la storia non figurano, vivono nella mente dell'autore
e appaiono attraverso proiezioni fantasmatiche, che rimandano lontano nel
tempo, alla storia d'Europa, ma anche a quella dell'uomo, dei suoi desideri,
delle sue traversie.
Lo stesso bar dove si svolge la vicenda è una suggestione visiva.
Le immagini entrano nello spettacolo come memoria e fantasia, sostenute da una
colonna sonora struggente che va da Stravinskij al jazz, dalle melodie yiddish
e russe alla musica parigina.
Non c'è spazio per chiedersi che senso abbiano i fatti che accadono in scena,
ma si percepisce la corposità dei temi ai quali alludono: l'identità, l'onore,
l'assimilazione, l'isolamento, l'eros, la religione, la morte".
M. P.