Paolo Fresu racconta Miles Davis al Teatro Carignano di Torino: “kind of Miles”
Martedì 29 ottobre 2024, alle 19,30, andrà in scena – riferisce un comunicato del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Ufficio stampa e comunicazione – "al Teatro Carignano kind of Miles, scritto e interpretato da Paolo Fresu, per la regia di Andrea Bernard. Lo spettacolo è un'opera musicale e teatrale che evoca l'universo creativo e visionario di Miles Davis. In scena con Fresu una formazione musicale composta da Bebo Ferra, Dino Rubino, Marco Bardoscia, Stefano Bagnoli, Filippo Vignato, Federico Malaman e Christian Meyer. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano, rimarrà in scena al Teatro Carignano, per la stagione in abbonamento, fino a domenica 3 novembre 2024. Miles Davis è un artista mitico per antonomasia. Un uomo capace di raccontare una storia recente che va al di là del jazz e della musica e la cui personalità marcata appare prepotentemente, non solo attraverso la sua tromba ma anche nel viso scavato degli ultimi anni, negli occhi profondi che inchiodano lo sguardo e nelle mani rugose che hanno toccato il cuore. A noi del presente ha lasciato non solo un'icona, ma un soffio che è carezza e graffio. L'intento di kind of Miles è quello di ricostruire la vita e la musica di un artista che ha segnato il Novecento, attraverso la voce narrante di un unico autore/attore e tramite il suo universo sonoro e le sue relazioni artistiche e umane. Una scrittura intima puntellata da momenti personali di vita vissuta (soprattutto l'apprendistato del jazz a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta), la comparazione con l'alter ego Chet Baker, e da storie tratte dalla fiorente letteratura su Davis".
Il comunicato stampa così prosegue: «Considerare Miles Davis un autentico genio – spiega Vittorio Albani nel volume La storia del Jazz in 50 ritratti – è addirittura notazione superflua o sminuente. E può anche essere retorico affermare come la sua figura artistica sia una di quelle che hanno segnato la storia tutta della musica moderna. Ma è la pura verità. Chi lo conobbe da una platea o ad una presentazione discografica lo ricorda come una persona scontrosa e asociale. Chi lo conobbe personalmente parla invece di una persona matura, posata, gentile anche se insicura, e forse per questo molto diretta. Virtuoso del non virtuoso, nel corso di una carriera unica è riuscito a snocciolare l'intera enciclopedia dell'"esecuzione totale", portando spesso la materia jazzistica oltre i limiti, dando nobiltà alle pause e ai silenzi o utilizzando la famosa "nota fantasma" che soltanto un creativo inventore può giungere a proferire. Riuscì come nessun altro a evitare le classiche etichette e classificazioni, utilizzando sempre e comunque elementi stilistici differenti e da tutti ritenuti incompatibili gli uni con gli altri. La sua sonorità, in capolavori assoluti quali il modale Kind of Blue (uscito nel 1959 e per molti il miglior disco di jazz mai pubblicato) come in quelli successivi alla celebre "svolta elettrica" di In a silent way (1969) e Bitches Brew (1970), è un marchio di fabbrica unico e forse irripetibile. Sia per lo stile trombettistico puro, singolare e personalissimo, che per quello indiretto del suono elettrico filtrato, o anche per l'uso della sordina. Velato e incisivo, audace e vigoroso. Come il blues che ha sempre permeato la sua anima e non lo ha mai abbandonato. Nelle sue tante formazioni (spesso autentici laboratori di ricerca) sono passati quasi tutti i protagonisti del jazz moderno. "Per me la musica e la vita sono una questione di stile", disse a Quincy Troupe. Non serva altro».
Le foto che pubblichiamo sono rispettivamente di Roberto Cifarelli (in alto) e Tommaso Le Pera.
M. P.