Una analisi delle teorie del restauro in un libro di Orietta Rossi Pinelli
Quando pensiamo al lavoro del restauratore siamo soliti immaginare una figura a metà strada tra l'artista e l'artigiano: un abile conoscitore delle tecniche atte alla conservazione e al recupero di opere d'arte e oggetti più o meno antichi, talvolta dal valore inestimabile. Il suo bagaglio di conoscenze, abilità manuali, soluzioni pratiche e metodologie di lavoro, poggia su un solido impianto teorico che garantisce un approccio condiviso da tutti i professionisti del settore, andando a limitare un'eccessiva individualizzazione dei singoli interventi. Il percorso che ha portato alla costituzione di una prassi comune e una visione d'insieme che mettesse d'accordo gli istituti e le figure di spicco del mondo dei "beni culturali" - e non solo, come è spiegato nel libro di cui stiamo parlando - parte da lontano e, lungi dall'essere giunto a un punto di arrivo, è in continua evoluzione.
Numerose sono le questioni discusse nel corso degli anni dagli addetti ai lavori. "Le teorie del restauro – Dalla Carta di Atene a oggi" (Einaudi, 232 pagine, 21 Euro) ci guida attraverso la storia del dibattito artistico, politico e culturale che ha portato agli attuali modelli applicati agli interventi di conservazione. Questo libro di Orietta Rossi Pinelli, ordinario di Storia della critica d'arte presso l'università "La Sapienza" di Roma, comincia la sua scrupolosa ricostruzione dalla "Carta del restauro di Atene", redatta a seguito della "Conférence d'Athènes" del 1931. Innanzitutto si procedette alla condivisione dei saperi e alla "standardizzazione" delle attività; la Carta prevedeva "per tutti gli specialisti dei vari settori professionali, coinvolti nello studio e nella conservazione dei beni artistici, un impegno personale al fine di mettere in comune le loro esperienze tramite pubblicazioni sistematiche. Si voleva passare un colpo di spugna sui «segreti» delle tante botteghe di restauro a tradizione familiare, ancora gelosamente custoditi".
L'autrice ci dà modo di ripercorrere dagli albori i passi del dibattito, toccandone le tappe fondamentali e soffermandosi su temi quali l'analisi dei concetti di "eredità" e "patrimonio", o l'evoluzione semantica del "vocabolario" del restauro. Sfogliando le pagine arriviamo a comprendere l'ampiezza della materia e l'attualità dei quesiti che si pongono i protagonisti del settore. Immaginando un restauratore alle prese con artefatti vecchi di secoli, probabilmente lo accostiamo con difficoltà a quello che potremmo definire "patrimonio digitale". Oggi riteniamo importante anche preservare i supporti di archiviazione ormai in disuso, tutelare la mole delle opere umane intangibili figlie della "rivoluzione tecnologica"; anche questo rientra nel dibattito su ciò che intendiamo lasciare alle nuove generazioni.
Immancabile è il confronto con la globalizzazione e i processi storici, politici e sociali che hanno portato alla caduta delle ideologie, fenomeni che si riverberano anche sul "processo conservativo". Come ci spiega Orietta Rossi Pinelli, oggi le parole d'ordine sono "comunità" e "condivisione"; siamo di fronte a "un'evoluzione e una rivoluzione, concettuali e metodologiche, destinate a investire la definizione, la gestione e la valorizzazione del patrimonio culturale". "Le teorie del restauro" fornisce le basi per comprendere la genesi di questi avvenimenti.
Alessio Palmesano